Il software della Pubblica Amministrazione¶
A livello internazionale, negli ultimi anni, l’utilizzo di Free/Libre and Open Source Software (FLOSS) si è molto sviluppato e in molti casi ha sostituito il ricorso a soluzioni proprietarie chiuse. I vantaggi di questo approccio sono sia di natura tecnica che di natura economica e strategica. Anche a livello Europeo, l’attenzione al software libero si è molto sviluppata e diverse iniziative sono nate in questo senso. Ad esempio, la Commissione Europea promuove diversi programmi finalizzati a favorire il riuso di soluzioni software e la loro interoperabilità (come per esempio l’iniziativa ISA²) e promuove l’uso e la contribuzione a progetti open source al proprio interno come testimonia la strategia 2020-23 della CE. Queste iniziative pongono al centro il risparmio per le Pubbliche Amministrazioni europee, il miglioramento della qualità dei servizi, lo sviluppo dell’economia del territorio e una maggiore indipendenza geo-politica dai grandi fornitori di tecnologia extra europei.
Su quest’onda, diversi paesi (sia europei che non, come Francia, Regno Unito o gli USA) hanno avviato delle politiche nazionali per favorire l’utilizzo dell’open source nelle soluzioni per la pubblica amministrazione. Anche l’Italia ha adottato una strategia simile. In particolare, il parlamento ha approvato gli artt. 68 e 69 del Codice dell’Amministrazione Digitale, scritti per favorire il riuso di soluzioni software e l’utilizzo quasi esclusivo di software a licenza aperta. In particolare, le “Linee Guida su acquisizione e riuso di software per le pubbliche amministrazioni” (in attuazione degli articoli suddetti) si occupano di dettagliare un ecosistema di migliori pratiche per allineare gli incentivi economici e creare un ecosistema virtuoso per lo sviluppo del software pubblico.
Ricordiamo inoltre che il CAD impone alle pubbliche amministrazione di adottare software aperto ogni qual volta sia possibile. L’eventuale non adozione deve essere adeguatamente motivata da un atto formale depositato e protocollato all’interno della “valutazione comparativa”.
Il nuovo modello di riuso, introdotto dalla riforma del CAD del 2017, semplifica ulteriormente i processi, consentendo di eliminare eventuali accordi bilaterali e utilizzando in via esclusiva le cosiddette “licenze aperte”, rendendo di fatto il software pubblico un bene comune di tutto il Paese. Grazie a questo modello, una amministrazione pubblica (ma anche un cittadino o un ente del terzo settore) può beneficiare delle soluzioni software già sviluppate da altre amministrazioni senza affrontare nuovamente l’investimento da zero.